Daniel è indignato. È stanco, arrabbiato, triste, sconvolto. Non misura le conseguenze e si toglie la camicia. Con le mani, prende un paio di tracce di sangue di Kluivert Roa – quella che era stata lasciata per strada – e la spalma sul petto. Si avvicina alla squadra della Polizia Nazionale Bolivariana e pone la domanda che 30 milioni di venezuelani che ci poniamo oggi: \»Come è possibile che avete ucciso un ragazzino di 14 anni?\»
Daniel inonda tutti i social network con quell\’immagine. Molti sono confusi e pensano che sia il fratello di Kluivert. Non è il suo fratello genetico, ma Daniel lo chiama \»mio fratello venezuelano\». Penso che il giorno 24 febbraio, tutti noi siamo diventati parenti di Kluivert. In sua madre, suo padre, suo fratello o il suo compagno scout. Ma Daniel ci avvantaggia: lui era lì quando Kluivert è stato ucciso. E non ha paura di dire quello che ha visto.
Questa è la nostra conversazione, la sera dello stesso 24 febbraio, 2015:
Daniel: \»Fin dal mattino, c’era una protesta, come è consuetudine. Questa volta, quelli dell\’Università Cattolica del Táchira sono scesi in piazza per protestare, per cio che di solito protestano oggi: la scarsità e molte altre cose.
In quel momento, c\’è un assalto da parte della Polizia Nazionale Bolivariana. E Kluivert stava uscendo dalla sua scuola – la Agustín Codazzi, che si trova a pochi isolati dall’Università Cattolica – e si diregeva verso casa. Lui non era coinvolto nella protesta, ma stava transitando quella zona perché era la sua strada abituale a casa.
Quando arriva l\’assalto, Kluivert non sa cosa fare e si nasconde sotto una macchina. In quel momento, viene rilevato da un funzionario della Polizia Nazionale Bolivariana, che lo tira fuori da sotto la macchina dove si nascondeva, gli dà un colpo alla testa e lo fulmina con uno sparo. Il ragazzo è morto sul colpo e il Poliziotto Nazionale Bolivariano fuggì immediatamente dopo lo sparo. \»
Andreina: Giusto per chiarire, confermare e riconfermare: Tu hai visto quando l\’ufficiale della polizia nazionale bolivariana gli ha sparato alla testa a Kluivert Roa di 14 anni?
Daniel: \»Sì, signora. Confermo. \»
Andreina: Che cosa hai visto con i tuoi occhi? No lo stai inventando. Nessuno te lo ha detto …
Daniel: \»No, nessuno lo sta inventando. Nessuno me lo ha detto. Io ero presente. Inoltre, ci sono tutti i video e anche i compagni dell\’Università Cattolica di Táchira che possono rafforzare le informazioni che ti sto dando. \»
Andreina: Proprio oggi abbiamo avuto l\’opportunità di ascoltare la testimonianza di Ramón Cabeza, che è il capo di Pubblica Sicurezza della Governazione di Tachira. E in qualche modo lui suggeriva che il giovane Kluivert Roa era rifugiato sotto una macchina ed è stato colpito da un proiettile casuale. Come si possono valutare queste due versioni tanto diverse … la tua e la sua?
Daniel: \»Per lo Stato, ci sarà sempre un motivo in cui nessuno è colpevole. Ci sarà sempre un motivo per giustificare, una motivo per cui si lavano le mani.
Non credo che un colpo casuale potrebbe raggiungere la testa, di punto in bianco, per essere in grado di attraversare la testa del ragazzo espargere il suo cervello sulla strada. Non mi sembra un colpo casuale. \»
Andreina: Che cosa è successo dopo? Cos’ha fatto l\’ufficiale che ha sparato? C\’è stato un tentativo di linciaggio? Che cosa è successo dopo?
Daniel: \»Immediatamente dopo aver sparato, il poliziotto fuggì, dalla strada piu vicina alla residenza del governatore.
In quel momento, un sacco di gente è andato dietro di lui. L\’ufficiale saltò sulla moto di un compagno, mentre un altro polizia cercando di disperdere l\’intera manifestazione utilizzò una bomba lacrimogena. E poi il poliziotto che ha dato il colpo è stato portato alla residenza del governatore dello Stato.
In quqel momento, ho deciso di levare il mio passamontagna, lasciando le pietre da parte e di andare direttamente alla residenza del governatore, dove c’era un picchetto della Polizia Nazionale Bolivariana.
Vado con il sangue di Roa sulle mie mani e sul mio petto, che ho preso dal luogo dove lui è rimasto. E mi inginocchio davanti a loro. No davanti a loro … davanti Venezuela, esigendo che qualcuno venga a parlare, a dialogare per fermare questa situazione. \»
Andreina: Cosa hai detto i funzionari?
Daniel: \»Guarda, io … in un primo momento, ho espresso tutto il mio dolore, la mia rabbia, tutta la mia vergogna, ricordando loro che si trattava di un ragazzo di 14 anni, era un adolescente che aveva tanto da vivere. Che può essere suo figlio, suo cugino, suo fratello.
Questo causò che molti funzionari rilasciassero qualche lacrima. Alla fin, siamo tutti umani …
Ho richiesto di mandare qualcuno a parlare e di sapere che cosa si poteva fare, perché la morte del ragazzo non poteva restare impune. E sì, tre ore dopo, uscì un rappresentante della governazione del Táchira a parlare con noi. \»
Andreina: Pensi che la morte di questo ragazzo di 14, può essere un fattore scatenante per disordini sociali in Venezuela?
Daniel: \»Oggi, 24 febbraio, è cambiata la storia. Perché oggi non è stato ucciso uno studente in più, oggi non è stato ucciso un delincuente in più. Oggi è stato ucciso un ragazzo di 14 anni, un bambino che aveva un milione di sogni davanti. Penso che oggi può essere un innesco che potrebbe arrivare a una esplosione sociale. Purtroppo, Venezuela deve prepararsi ad una esplosione sociale che arriverà presto\»
Andreina: Qual è il tuo messaggio per il presidente Nicolas Maduro?
Daniel: \»Che si dimetta. Non è un segreto per nessuno che il paese gli è troppo grande. Che non si è visto alcun miglioramento e che ogni giorno, la situazione in Venezuela peggiora.
Per me, vale di più una persona che sia in grado di assumere i suoi errori e dire \»ho messo il mio posto a disposizione\». Vale molto più questo che continuare a rovinare un Paese con bugie, con tante volgarità e argomenti che non hanno fondamento. Il mio messaggio è: signor Nicolas Maduro, si dimetta, per favore \».
Intervista a cura di Andreina Flores
Caracas – San Cristobal. Venezuela
24 febbraio 2015
@andreina
Traduzione: Ugo Uccello